Ad un certo punto della mia vita mi prese l’insopprimibile desiderio di comprarmi una barca a vela da crociera. Quelle grandi, quelle davanti alle quali, nelle passeggiate al Porto di Anzio, da ragazzino, mi soffermavo lungamente, affascinato da linee, cime ed attrezzatura. E sognavo di essere a bordo a navigare. Ecco, quella spinta, ad un certo punto, è emersa prepotentemente e ho iniziato a cercare.
Cominciai, quindi, la ricerca su internet. Avendo già competenze di vela e navigazione, stavo valutando se concentrarmi su caratteristiche di comodità e abitabilità, oppure su prestazioni, linee d’acqua e tecnica spinta. Ho girato tanti porti, da Savona a Lavagna, da Riva di Traiano a Salerno, da Livorno a Civitavecchia. Finché mi imbattei in un Tortuga 38, un ketch di 11 metri e mezzo del 1977.
Si chiamava Pancho, un motorsailer affascinante, gigantesca tuga a centro barca con cabina di pilotaggio interna e timoneria esterna, su quello che potremmo definire un cassero. Non c’era un pozzetto, come quello che siamo oggi abituati a vedere; la chiesuola era su una parte del ponte leggermente rialzata, a poppavia della cabina di pilotaggio, proprio sotto al boma della mezzana. Aveva la battagliola rigida, con il bordo superiore in teak. A prua una lunga tuga, più bassa, completamente piatta e libera da ingombri, che funzionava da meraviglioso prendisole. Gli interni molto spaziosi, tutto legno, con quel leggero sentore di nave di altri tempi che mi affascinava. Due cabine, a prua e a poppa e due bagni molto grandi.
Ho navigato moltissimo con il Pancho, più volte alle Eolie, più volte in Sardegna, poi Montecristo, Elba e tutto l'arcipelago toscano, fino ad arrivare in Tunisia, ad Hammamet, con un meraviglioso viaggio di ritorno, passando per Pantelleria, Egadi e Ustica.
Quella barca era davvero fantastica, grossa, pesantissima (14 tonnellate), a chiglia lunga, con una pala del timone estremamente piccola. Considerando il suo motore da 180 CV, questo la rendeva perfetta per le lunghe navigazioni, con una invidiabile stabilità di rotta ed una velocità in qualsiasi direzione di 6 nodi. Eh già, perché sempre motorsailer era e il suo assetto ottimale prevedeva la navigazione a vela e a motore, con un filo di gas. Teneva molto bene il mare, entrando nell’onda e senza sbattere scendendo. Il grande problema, dovuto alla forma allargata dello scafo ed alla chiglia lunga, era l’accentuato rollio, molto attenuato sotto vela con andature dalla bolina al traverso. La regolazione delle vele non era complessa: per alzare si partiva dalla mezzana, poi la maestra ed infine il fiocco. La regolazione, al contrario, avveniva da prua, prima il fiocco bene a segno, poi la potente maestra, regolando bene il vang, perché il punto di attacco del paranco della scotta era alto sopra la grande tuga e senza carrello. Infine la mezzana, da cazzare sempre un po’ di più, per rendere fluido il flusso d’aria in uscita dalla balumina della maestra. Stringere il vento non era possibile, ma le 2 rande, ben cazzate, riuscivano a stabilizzare bene la barca, a motore, anche con angoli al vento di 10/15 gradi. Nelle andature portanti, un generoso gennaker aiutava moltissimo ad avere velocità e stabilità. Particolarmente bella l’andatura a farfalla, con il gennaker e le due rande scontrate.
Un argomento a parte le manovre in porto. In retromarcia quasi nessuna risposta del timone, leggermente compensata da un robusto e potenzialmente utile effetto evolutivo. Utilissima l’elica di prua, da utilizzare come organo di governo in retromarcia, appunto. Tutto questo, abbinato ai 180 CV del motore, tuttavia, consentiva delle rotazioni di 90° (c. d. scodate) che rendevano sufficientemente agevole l'ingresso nel posto di ormeggio dal canale, ovviamente accostando a dritta, considerando l’elica a tre pale fisse prepotentemente destrorsa.
Dopo 6 anni di avventure con il Pancho, decisi che era tempo di prendere una barca solo a vela, perché, in effetti, mi mancava il sapore del vento puro. Venduto il ketch, ho trovato un comodissimo sloop, un Dufour 385 Grand Large del 2008. Praticamente la medesima lunghezza fuori tutto, baglio massimo e pescaggio, ma con solo 8,5 tonnellate ed una chiglia con deriva centrale e bulbo. Classico pozzetto con tavolino centrale, doppia ruota del timone e motore da 40 CV, trasmissione sail drive ed elica a due pale abbattibili. Sottocoperta classico quadrato con tavolo e panche a C, tre cabine doppie e due bagni. Ancora sufficiente legno a bordo, oblò e passauomo, tavolo da carteggio, che ritengo importante avere in una barca. Armata a nove decimi, piano velico da crociera, randa steccata e genoa con buona sovrapposizione. Non potevo far altro che chiamarlo Pancho II.
Ho continuato a girare per il Mediterraneo, sempre in estate: Pontine, ça va sans dire, di nuovo Montecristo, poi Grecia ionica, Baleari, Cinque Terre, lo Ionio e tutto il Tirreno meridionale, settore Est.
Divertente ed agile, per essere una barca da crociera, non troppo propensa a scendere sotto i 50 gradi di bolina. Rapida nel raggiungere la velocità di crociera, stavolta solo a vela, che quando il vento supera i 12 nodi si attesta molto vicino ai 7 nodi. Sbanda sotto raffica, senza mai dover intervenire con troppo sforzo sul timone. Sopra i 18 nodi di vento meglio cominciare a prendere una mano di terzaroli; dipende anche dall’equipaggio a disposizione. Anche se il vento si alza oltre i 20, con 2 mani di randa e il fiocco rollato di un terzo, la barca risulta molto maneggevole e docile al timone, senza rinunciare ad agilità sulle onde e velocità. Non avendo gennaker né attrezzatura per lo spinnaker, nelle portanti soffre un po’; si può approfittare per prendere il sole, per un aperitivo, o per il pasto. La regolazione delle vele, con tutte le manovre correnti a disposizione, può essere accurata e ottimizzare la navigazione. Mi mancava il paterazzo è ho messo un paranco tra i due stralli di poppa. Devo trovare una soluzione per i carrelli del fiocco, che non hanno la scotta di regolazione e devono essere spostati senza carico, sulle mure opposte. Ha una pala del timone grande e compensata, senza skeg. Al timone è piacevole, si sente il mare tra le mani e si percepisce ogni movimento dello scafo.
Le manovre a motore non sono un problema. E’ una barca molto reattiva e la preoccupazione che avevo nel passare dalle tre pale fisse alle due pale abbattibili dell’elica si è rivelata infondata. Nessuna sofferenza nel passare da moto in avanti a moto indietro. L’effetto evolutivo, stavolta sinistrorso, è presente e non eccessivo. In retromarcia è agilissima. Infatti, lo confesso, entro nel canale del mio ormeggio abituale al Porto Turistico di Roma, già a marcia indietro.
In conclusione, non riesco a dare dei voti e stabilire se sia meglio uno sloop o un ketch. La mia voglia di vivere il mare ed esplorare è stata soddisfatta sia dal Pancho, sia dal Pancho II.
Mi è piaciuto molto e mi ha dato grande soddisfazione confrontarmi con questi due modi di vivere il mare ed il vento. Sono onesto, il Panco III, se mai ci sarà, sarà una barca a vela.